Piedi in gravidanza: attenzione all’alluce valgo
Durante la gravidanza il fisico della donna va incontro ad innumerevoli trasformazioni che lo predispongono ad accogliere e a consentire lo sviluppo del feto dal momento del concepimento fino a quello del parto.
Anche i piedi sono soggetti a particolari sollecitazioni e modificazioni e richiedono un’attenzione particolare sia nel caso in cui la futura mamma abbia già preventivamente sviluppato problemi di alluce valgo, sia quando non ne abbia mai sofferto. Vediamo il perché.
Le trasformazioni che coinvolgono i piedi
La prevenzione dell’alluce valgo in gravidanza
Alluce valgo dopo la gravidanza
Le trasformazioni che coinvolgono i piedi
Durante la gestazione il corpo della donna va incontro a delle sensibili variazioni di tipo ormonale e a mutamenti nella postura che incidono notevolmente anche sulle articolazioni dei piedi e possono portare alla comparsa della patologia o al peggioramento di un alluce valgo già esistente.
Tra le complesse variazioni ormonali indotte dalla gravidanza vi sono infatti quelle relative agli estrogeni e alla relaxina che hanno tra le loro funzioni quella di rendere più elastico il tessuto di cui sono costituiti i legamenti.
Il rilassamento del tessuto connettivo, e conseguentemente delle articolazioni, porta con sé il rischio di traumi tanto che, in questo particolare periodo, vengono consigliate attività a basso impatto, ovvero che esercitano una minima pressione sulle articolazioni: passeggiare, nuotare, frequentare corsi di ginnastica dolce o posturale.
Con il procedere della gravidanza, la necessità di ospitare un feto ed una placenta sempre più voluminosi portano ad un sensibile cambio di inclinazione del bacino e conseguentemente ad una variazione posturale che interessa principalmente il tronco. Lo spostamento del baricentro finisce per coinvolgere tutto l’assetto corporeo, la stessa camminata e quindi anche i piedi. Questi ultimi, alla ricerca di una maggiore stabilità, possono tendere ad allargarsi e a subire il cedimento della volta plantare trasversale e, in soggetti geneticamente predisposti, a causare l’insorgenza di un alluce valgo in gravidanza o il peggioramento di un alluce valgo già esistente.
A causa delle variazioni dell’arco plantare, al termine della gestazione i piedi possono risultare addirittura più larghi e/o più lunghi rispetto all’inizio. Alcuni studi hanno messo in evidenza come queste modificazioni possono essere irreversibili e legate soprattutto alla prima gravidanza.
La prevenzione dell’alluce valgo in gravidanza
Secondo gli esperti del team PBS è possibile ed auspicabile prevenire i problemi ai piedi in gravidanza. In relazione alla patologia dell’alluce valgo, il suggerimento è quello di effettuare sempre una visita con un medico ortopedico specialista del piede. Dopo un attento esame della morfologia, della camminata e delle modalità di appoggio dei piedi in posizione eretta, l’ortopedico prescriverà dei plantari su misura adatti a sostenere adeguatamente le volte plantari. Attraverso un miglioramento della distribuzione del peso corporeo sulla pianta del piede sarà così possibile prevenire l’insorgenza o il peggioramento di un alluce valgo in gravidanza. La visita dovrebbe essere richiesta preferibilmente attorno ai primi mesi di gravidanza o non appena la futura mamma nota l’insorgere di problemi ai piedi.
Altri accorgimenti sono: mantenere, per quanto possibile, una postura corretta durante la camminata, utilizzare scarpe comode che non costringano il piede e con un tacco che non superi i 2 o 3 centimetri di altezza.
Alluce valgo dopo la gravidanza
Una volta terminata la gravidanza, qualora siano insorti problemi di alluce valgo o si siano aggravati gli esistenti, è consigliabile per la neomamma affidarsi ad uno specialista ortopedico del piede. Dopo un’attenta valutazione della situazione il medico potrebbe optare per una terapia in grado di alleviare i sintomi e rallentare il decorso della patologia. In caso di alluce valgo doloroso invece o, qualora la terapia conservativa non abbia dato gli effetti sperati, può essere prospettato il ricorso all’intervento chirurgico, da eseguire però non prima che sia terminato il periodo di allattamento.
Con la tecnica percutanea mininvasiva messa a punto dal Team PBS è possibile procedere in anestesia locale praticando degli accessi chirurgici puntiformi. La tipologia di intervento non prevede l’inserimento di viti, chiodi o altri mezzi di sintesi e, grazie ad uno specifico bendaggio e all’utilizzo di un’apposita scarpa, consente di poggiare il piede a terra e camminare già a mezz’ora dall’intervento.